PRINCESS OF WATERLAND | Fotografie di Beatrice Mancini

Beatrice Mancini Princess of Waterland

Quando: 6 marzo – 19 aprile, 2015

Dove: Centro Culturale Candiani, Piazzale Candiani 7, Venezia Mestre.

Il filo di Juta è una piccola associazione della provincia di Parma che si propone di favorire l’istruzione nel sud del Bangadlesh. Si occupa di costruire scuole in poveri villaggi e di garantire un’educazione ai bambini appartenenti alle fasce sociali più disagiate.
L’associazione a ottobre dello scorso anno ha chiamato Beatrice Mancini, fotografa di reportage, per accompagnare un’equipe medica dell’ospedale di Padova.

«[Il Bangadlesh] non è una terra facile, e le condizioni sanitarie dovute alla paradossale scarsità di acqua potabile sono spesso tragiche»

scrive Beatrice Mancini. Tristemente paradossale, dal momento che il 30% del territorio è immerso nell’acqua – da qui il titolo, Waterland.
Il gruppo medico che si è recato in Bangadlesh con fini assistenziali era composto perlopiù da donne. Ciò ha facilitato l’incontro con la fascia femminile della popolazione, donne fuori casta, donne mussulmane, senza le risorse economiche e culturali per recarsi da un medico.

«Durante il periodo di assistenza sono emerse le loro storie: vite spesso consumate a servire prima il padre e poi il marito, in uno stato di perenne sottomissione. Molte accettano passivamente il loro destino, altre invece prendono coscienza della loro condizione e scelgono la “libertà” uccidendosi in modo atroce, spesso con il veleno per topi.»

Beatrice Mancini fotografieBeatrice Mancini non è un dottore, ma una bianca occidentale, elemento sufficiente perché le donne si rivolgessero alla fotografa come se fosse un medico. Appoggiavano il loro sguardo alla macchina fotografica come se anche posare per lei potesse soccorrerle. La mostra si compone di ottantuno foto, immagini di un mondo di acqua e fango, ritratti frontali, dove la regalità femminile riesce comunque a erigersi di fronte a un destino che chiama in causa mogli, madri e figlie, senza via di scampo.

A corredare dieci foto sono i racconti dello scrittore Mario Vichi. Lo scrittore ha selezionato personalmente dieci immagini e per ognuna di esse ha composto due racconti, uno luminoso, uno buio. Tracce di parole che evocano un racconto, creando multipli livelli nello story telling. Come se l’urgenza di raccontare costringesse anche lo spettatore a cogliere l’infinità di storie celate dietro lo sguardo di quelle donne, Princesses of Waterland, principesse del Bangladesh.

“Sono una regina. Non lasciatevi ingannare dalla prima impressione. Per essere una regina bisogna avere virtù che non corrispondono a quelle tenute di solito in considerazione. Generosità e fermezza. Capacità di comprendere e determinazione. Senso di giustizia e magnanimità. Si è regina dentro, non fuori. La leggiadria non serve, in questo caso. A una regina si addice di più una serena e continua preoccupazione. Regina di cosa? Che importa? Sono una regina.”

“Guardatemi negli occhi. Non fate domande a me, ma a voi stessi. Le vostre domande sono soltanto vostre, non potranno mai diventare le mie. Cercate di trovare le risposte dentro la vostra coscienza, con la dovuta calma. Io non posso rispondervi, ma se volete che vi ascolti lo farò. Sono capace di ascoltare ogni parola, anche nelle lingue che non capisco. Ascoltare non significa per forza capire. Vi chiedo soltanto di portare con voi il ricordo del mio sguardo. Ogni tanto dedicatemi una domanda a voi stessi, anche senza risposta.”

[Mario Vichi, per la mostra Princess of Waterland]

Beatrice Mancini foto

Beatrice Mancini

Beatrice Mancini Princess of Waterland

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