UN DESIDERIO ARDENTE – Alle origini della Fotografia di Geoffrey Batchen
L’arte ha la potenza di plasmare la visione del mondo, di rispecchiare tendenze culturali che sono esibite e quindi nel contempo ritrasformate nel mezzo artistico, intrecciando così le fibre della fune rappresentata dalla storia (per riprendere un’immagine di Wittgenstein). L’alchemica co-creazione della storia sociale e culturale la si ritrova nell’arte pittorica. La si scopre nella musica. La si ripercorre nella fotografia.
Quest’ultima è un mezzo curioso, in quanto si configura alle origini come ricerca dei disegni della natura nel contesto filosofico e scientifico dell’epoca, azione già anticipata da Dürer e riproposta con forza maggiore nel Settecento e Ottocento, sulla scorta del Positivismo e poi del Romanticismo, nella ricategorizzazione dello spazio tempo vissuto e osservato dal soggetto. La diversità dei risultati ottenibili testimonia però un reale plasmabile dallo sguardo (sia dell’autore che dallo spettatore) e nel contempo è il reale, o meglio la natura, a disegnare sé stessa.
La fotografia d’altronde è essa stessa frutto della storia. Il libro “UN DESIDERIO ARDENTE – ALLE ORIGINI DELLA FOTOGRAFIA” ( Johan & Levi Editore) ricerca con indole foucaultiana e decostruzionista la genesi della fotografia. L’invenzione del mezzo non è più intesa come risultato di una mera ricerca tecnologica per opera di un singolo uomo, ma come l’esito di tendenze sociali, estetiche e artistiche dei secoli XVIII e XIX. Anche il mezzo, quindi, viene reintrodotto nel continuum storico culturale, e Geoffrey Batchen analizza il contributo dato dall’anima dell’industrializzazione e della produzione di massa, che spinse innovatori e sperimentatori a creare quella macchina capace di riprodurre e conservare la natura – e qui troviamo i proto-fotografi Talbot, Niépce, Daguerre, Bayard.
L’interesse per l’invenzione di questa nuova macchina crebbe in contemporanea, perché sono gli stessi artisti e scienziati ad esser figli di un processo storico, e quindi ad avere a che fare con le parole del loro tempo. Qui la parola protagonista è “Natura”, produttrice dei disegni catturati dalla macchina fotografica, mezzo che provvede a sua volta a disegnare la natura. Che cos’è quindi la natura? È l’ambivalenza delle risposte a generare quel ribollire di geni che porterà all’invenzione della fotografia nel 1839.
Geoffrey Batchen tenta quindi un’analisi che coniuga e poi supera l’interpretazione formalista e poi postmoderna, restituendo tutta la complessità della Fotografia nel suo rapporto con la storia. Un testo dettagliato, un’analisi antropologica e filosofica dedicata a chi ama la fotografia, la quale, donando l’immortalità al nostro sguardo, ha inaugurato un nuovo modo di guardare il mondo.
Recommended Posts
Stampa FotoQuadro Saal Digital: il mio parere
Novembre 13, 2016
Taklamakan – Il deserto da cui non si esce
Ottobre 20, 2016