‘Fucking New York’ di Nikola Tamindzic: una romantica ambiguità
(Ripropongo un mio pensiero sul libro ‘Fucking New York’ di Nikola Tamindzic. pubblicato su FOTOgraphia nel numero di Maggio 2016)
Nikola Tamindzic è un ritrattista e fotografo di moda di New York. Nato e cresciuto nell’ex Jugoslavia, si è trasferito nella Grande Mela affermandosi in breve tempo come fotografo professionista per il portale Gawker. Grazie alla sua straordinaria capacità di disarmare i soggetti e gli spettatori tramite i suoi ritratti, Nikola cerca di catturare con la fotografia le contraddizioni dell’essere umano sulla scia di Helmut Newton, Guy Bourdin e Terry Richardson.
Nella fotografia di Nikola, la moda si arricchisce di toni formali, prospettici, in cui l’oggetto umano all’interno del quadro, è solo uno degli elementi che compongono l’immagine. La visione è silenziosa, intoccabile, ma proprio per questo estremamente intima e romantica. È una fotografia di contrasti, quella di Nikola, è quando la protagonista stessa delle storie è New York, forse non potrebbe essere diversamente.
Lo sguardo d’insieme ci porta a scoprire un gusto per una composizione simmetrica, equilibrata. È nei dettagli, invece, che le convinzioni si mettono in discussione e la figura umana, con i propri conflitti, porta una narrazione deliziosamente ambigua e in divenire. Nel contrasto tra macro e micro c’è una violenza implicita.
La nuova ricerca Fucking New York di Nicola Tamindzic esplora le passioni, il desiderio, l’ilarità e la malinconia della vita nella città di New York, una metropoli ricca di storie, molte delle quali fondano le proprie radici sul sogno di possedere qualcosa più grande di sé stessi. Ci sono vari modi di dire che riguardano l’amore che i newyorkesi hanno per la loro città – si dice spesso che quando si vive in New York, New York è la relazione più importante nella propria vita. Le fotografie realizzate sono “distanti dalla realtà”, intangibili, quasi architettoniche. Esprimono la loro sensualità in modo silente e spesso interrotto da elementi contrastanti, quasi come in un gioco umoristico. Ne emergono le contraddizioni dell’essere umano, spoglio di fronte alla capacità del fotografo di affascinare soggetti e spettatori.
«Il nome si può leggere ‘fucking’ come un verbo che significa “fare sesso con New York”. Ma si può anche prendere come un aggettivo, come il grido frustrato di un uomo che piangendo dice “Oh man, fucking New York”. Mi piace l’arte che non si nasconde dietro le parole che ci si possono cucire attorno. Invece di dare a questo progetto un pretenzioso nome latino, ho preferito dargliene uno stupido. Lo volevo stupido quanto può essere stupida una canzone dei Ramones. Ovvero, perfetto» racconta Nikola. In Fucking New York, più che l’infelicità di una relazione impossibile, si respira l’utopia di chi si sente libero e cerca nella linfa drogata della città un modo per trascendere dal legame con la materialità.
La connessione con le immagini è forte, ma lo sguardo del fotografo tiene sempre le distanze da ciò che ha di fronte. Non c’è un intento voyeuristico. Si percepisce più una volontà di raccontare la città nel modo in cui è idealizzata. Per saperne di più: www.nikolatamindzic.com
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