Me Vs. Marco Maria D’Ottavi
Quando conosco Marco Maria D’Ottavi scopro di avere in comune con lui ben due passioni: la fotografia e la danza. Io sono una ballerina di tango argentino, Marco è un fotografo professionista che si occupa di advertising e glamour ma, parallelamente è un grande appassionato di fotografia di Danza. Danza che per Marco è un mezzo per esprimere l’amore “per le persone, per l’arte, per la vita”. Le sue fotografie hanno il potere di coinvolgere lo spettatore all’interno della scena ritratta, di affascinarlo e di condividere con lui non solo la magia estetizzante della messa in scena ma anche le emozioni e le atmosfere che dimorano sul palco.
C’è una particolarità che caratterizza la fotografia di Danza rispetto alla fotografia sportiva in generale?
La fotografia di Danza ha un aspetto in più rispetto alla fotografia sportiva, dove il gesto atletico è il 90% dell’immagine. Nella fotografia di Danza occorre anche cogliere l’aspetto estetico ed emozionale quando possibile, e fermare l’azione la dove è al culmine. Un grand jeté o anche un arabesque colto in una fase diversa da quella culminante è una foto sbagliata, che non rende giustizia all’interprete.
Quali sono le difficoltà che si possono incontrare nel fotografare uno spettacolo di Danza?
La difficoltà maggiore è quella di realizzare una fotografia che sia “doppiamente” giusta. Sia il profilo estetico che la posizione del danzatore o della danzatrice devono essere colti nel momento corretto. Si può realizzare una fotografia esteticamente accattivante ma sbagliata per l’interprete e questo ne inficia pesantemente il significato, l’essenza.
Fotografia di Danza “da posa” e fotografia di Danza come “reportage”. Quali sono gli aspetti e le differenze nell’approcciarsi a queste due tipologie differenti di fotografia?
Nel primo caso, come per tutte le fotografie posate, immagino di avere il controllo delle luci, cosa non possibile per le foto di scena. Questo mi consente di potermi dedicare completamente alla composizione. Posso decidere se realizzare un “mosso” oppure congelare l’immagine e di certo posso “stressare” l’interprete nel fargli ripetere un passo. Nella fotografia di scena il problema è spesso la mancata conoscenza della coreografia. In questo caso io cerco di immedesimarmi nel ballerino con il cuore e con la testa. “Conto” le battute musicali e cerco di essere preparato quando so che “succederà qualche cosa” su un battere o un levare musicale: sono molto attento ad esempio alla preparazione di un salto, è sempre intuibile.
In un’occasione ho realizzato grazie a Erika Padovini (coreografa e insegnante che spesso collabora con me) un sogno che coltivavo da sempre e che credo unico: realizzare una “storia” fotografando live in teatro e davanti a un pubblico di 800 persone due danzatori, che nella scena si trovavano sempre divisi, uno alla mia sinistra e uno alla mia destra. Grazie alla “doppia esposizione” e alla sovrapposizione di pose studiate per giorni, ho potuto “farli incontrare” virtualmente con la fotografia finale che veniva proiettata in sala in diretta. [Il video è qui]
Quali sono gli errori più frequenti che si tendono a fare?
Quello di pensare che fotografare la danza sia semplicemente scattare a raffica per poi avere la foto giusta. Occorre essere un po’ tecnici, come nella fotografia di still life dove la conoscenza dei materiali è importante. Nella Danza, occorre essere ballerini dentro, e conoscere il mondo della Danza, frequentarlo. Ti dirò che spesso mi avvalgo di ballerine o ballerini per le mie fotografie moda, per la pubblicità. Con loro mi sento a mio agio, so che conoscendo bene il loro corpo e sapendo trasmettere delle sensazioni attraverso di esso, le fotografie saranno più leggibili, arriveranno meglio al target. Inoltre per la scelta finale delle fotografie (soprattutto quelle di scena) mi avvalgo di una coreografa e insegnante di Danza, che scarta senza pietà le posizioni scorrette.
Fotografia di Danza e post-produzione: qual è la tua visione?
La mia visione della post produzione vale per tutte le mie fotografie. Io scatto da molto tempo, la post produzione si è sempre realizzata anche in analogico. Cerco di attenermi a quella della camera oscura, senza stravolgere atmosfere e corpi. Mascherature, bruciature, regolazioni e contrasti, conversioni in bianco e nero, ma quasi mai di più. Con questo non voglio dire di essere contrario in assoluto, ma quando adotto una post pesante è assolutamente visibile, dichiarata, più vicina alla grafica che alla fotografia ma è solo abbellimento come una texture, i corpi non sono mai stravolti nelle linee essenziali.
Per saperne di più: www.marcodottavi.com
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