Chat con Alessandro Ruggeri: Esiste uno sguardo imparziale?
E: Partiamo da qui: esiste in fotografia uno sguardo imparziale?
A: No, secondo me non esiste. Esiste uno sguardo educato all’imparzialità
E: Spiegami meglio.
A: Secondo me l’imparzialità può essere considerata uno stile fotografico. Ad esempio quando lavoro per un giornale, io fotografo svolgo un compito preciso: quello di documentare un fatto.
E: E se il fatto è legato ad un punto di vista?
A: Allora uso la mia imparzialità per far emergere il punto di vista.
E: Quali sono ad esempio le scelte che attui?
A: Sempre nel contesto giornalistico?
E: Sì.
A: La scelta molte volte è proprio fisica, di collocamento nello spazio. Mi capita molte volte di seguire delle manifestazioni anche con incidenti e molta partecipazione emotiva. Quando i due schieramenti si incontrano io mi metto in mezzo per poter documentare al meglio la situazione e in qualche modo per non “prendere le parti” di qualcuno.
E: Per essere alla giusta distanza?
A: Per essere alla giusta distanza, per avere il giusto distacco. Distacco inteso come sguardo distaccato (imparziale), che non corrisponde a un distacco emotivo, per intenderci.
E: Ti viene in mente un esempio?
E: In che occasione hai scattato questa fotografia?
A: Si trattava dello sgombero di una palazzina occupata.
E: Mi aiuti a capire meglio la differenza tra il fotogiornalismo e il reportage?
A: Diciamo che il termine fotogiornalismo è usato soprattutto per chi si occupa di news per i quotidiani quindi realizza immagini destinate a un giornale. Sono immagini che vengono consumate in poco tempo e che devono veicolare un’informazione chiara e precisa.
E: C’è un diverso modus operandi secondo te tra il fotogiornalismo che finisce sul cartaceo e quello pubblicato online sui portali di notizie?
A: No, al momento , in Italia, quasi tutte le redazioni usano i servizi per la carta stampata anche per fare le gallery on line sui siti. A mio avviso dovrebbero essere due servizi diversi perché non tutti i contenuti sono adatti a entrambi i media. Pensa che molte volte le immagini delle gallery non vengono neanche accompagnate con la corretta didascalia che è un elemento fondamentale se si vuole dare un’informazione corretta. Tornando alla differenza di cui parlavamo prima devo aggiungere una cosa importante. L’immagine fotogionalistica di news non può essere alterata.
E: Niente Photoshop?
A: No, niente Photoshop, al massimo una leggera correzione del contrasto e poco più.
E: Ti è mai successo invece che un’immagine venisse tagliata? Può accadere?
A: Tagliando un’immagine si può alterare il contenuto e questo non deve accadere. Mi è capitato in passato purtroppo che tagliassero un immagine per questioni di impaginazione facendo perdere buona parte del senso dell’ immagine. Ogni tanto questo succede nei quotidiani quando la pagina è già stata disegnata.
E: Senti di avere una responsabilità nei confronti di chi guarda l’immagine? In generale dico.
A: Sì , sento anche di averla anche nei confronti del soggetto. Mi sento investito della responsabilità di essere corretto, onesto e limpido nei confronti del fruitore.
E: Rispetto a quando hai iniziato, quali sono gli aspetti nel tuo approccio alla fotografia che sono cambiati di più?
A: Mah, adesso che mi ci fai pensare direi che, nonostante tutto , non è cambiato tanto. Ho sempre pensato che le immagini siano sempre state importanti , prima (mi riferisco al secolo scorso quando ho iniziato) e soprattutto adesso. Il mio approccio verso questo potente mezzo espressivo e di comunicazione non è cambiato.
E: Nel mondo 3.0 ha più potere un’immagine secondo te?
A: Secondo me ha ancora un grande potere, ma l’immagine deve poter emergere dalla massa di immagini di cui siamo circondati. Se emerge allora torna ad avere il potere che aveva prima. Penso all’ immagine del bimbo siriano morto sulla spiaggia. È un’immagine potente, ma se non l’avessero condivisa milioni di volte sui social probabilmente non avrebbe avuto lo stesso effetto.
E: Quali sono secondo te i pro e i contro della strumentalizzazione di cui diventano protagoniste alcune immagini?
A: Il contro è che un immagine creata con uno scopo e utilizzata per scopi strumentali sarà sempre associata allo scopo strumentale che le è stato attribuito, anche se la volontà dell’autore magari era altra. Il pro invece è che un immagine creata ad hoc per essere utilizzata con scopi propagandistici o strumentali facilita il raggiungimento dello scopo della campagna.
E: Ti è mai successo di non voler fare una fotografia?
A: Sì. all’inizio quando cominciai a lavorare per i giornali mi mandarono a fotografare di nascosto delle persone che andavano all’obitorio a riconoscere un parente arso vivo in un incendio. Mi sono nascosto e li ho visti uscire distrutti. Non li ho fotografati. Mi sembrava una cosa senza senso e che non sarebbe servita a niente. Ovviamente non parlo di personaggi pubblici.
E: Andava contro il senso di responsabilità che provi verso il soggetto?
A: Sì, anche di quello. Era quel “farlo di nascosto” suggeritomi dalla redazione che mi dava fastidio e lo ritenevo scorretto. Meglio spiegarsi, chiedere, farsi vedere e al massimo prendersi un vaffa.
E: Nelle tue ricerche personali, ci sono dei temi che attirano di più la tua attenzione?
A: Il tema del sacro mi ha sempre affascinato.
E: Più nei termini del rito e della ritualità oppure più verso i luoghi del sacro?
A: La ritualità soprattutto, il ripetersi di queste azioni da centinaia di anni. Considera che però la mia accezione di sacro è molto ampia.
E: C’è un forte senso di umanità e di collettività che emerge nel rituale.
A: Sì, esatto. In tutte le religioni.
E: Rispetto al lavoro commissionato ci sono più libertà nelle tue ricerche personali? Mi spiego, oltre alla libertà di scegliere cosa fotografare, cambia qualcosa? Oppure l’imparzialità è sempre la stessa?
A: L’imparzialità la lascio da parte. Nel senso dell’imparzialità come approccio. Dal tema, al soggetto fotografato, al punto di ripresa fino alla postproduzione cerco di far emergere la mia opinione. Non è un’impresa semplice. Alle volte troppa libertà disorienta e non ti rende creativo. Almeno a me 😉
E: Grazie!
BIOGRAFIA DI ALESSANDRO RUGGERI
Alessandro Ruggeri, nato a Milano nel 1973, è un fotografo professionista freelance. Laureato al DAMS di Bologna si è affermato come fotografo dal 1997. Ha lavorato per i maggiori quotidiani nazionali La Repubblica, Il sole 24Ore, ha collaborato con l’ANSA e AFP . Attualmente vive a Bologna e lavora per Il Corriere Della Sera e Il Resto del Carlino.
Recommended Posts
Me Vs. Gianluca Minchillo – Intervista
Luglio 05, 2024
Il trend del wedding photojournalism secondo Juan Carlos Marzi
Maggio 10, 2024
Me Vs. Oliviero Toscani – Intervista
Marzo 13, 2023